Nel
1967 il settimanale "L'Espresso" pubblica
un'inchiesta su un progetto di colpo di Stato, che
avrebbe dovuto essere attuato dai carabinieri. E'
la prima volta che si parla di un tentativo di golpe,
e l'emozione nel paese è molto grande. Ad organizzare
tutto sarebbe stato il generale Giovanni De Lorenzo,
comandante dei carabinieri, nato nel 1907 a Vizzini,
che dal '55 al '62 è stato capo del Sifar,
il servizio informazioni delle forze armate. Durante
questo periodo, l'ufficiale ha fatto predisporre centinaia
di migliaia di schedature coi nomi di tutti i politici
italiani. Uno strumento di ricatto per qualcuno, l'anticamera
dell'arresto per altri. L'iniziativa giunge dopo il
fallimento del primo governo di centrosinistra, che
si dimette il 26 giugno del '64. Lo stesso giorno,
De Lorenzo consegna ai capi delle tre divisioni dell'Arma
una copia del "Piano Solo". Secondo questo progetto,
così chiamato perché prevedeva "solo" l'intervento
dei carabinieri, in caso di grave crisi politica sarebbero
state occupate militarmente le grandi città e i punti
strategici. Sarebbero seguiti l'arresto di politici
e sindacalisti, secondo una lista già predisposta,
e la repressione di eventuali disordini. Tutto si
svolge in poche settimane. Il presidente della repubblica
Antonio Segni riaffida a Moro il compito di formare
il governo, con la speranza che le richieste dei socialisti,
guidati da Pietro Nenni, vengano annacquate. Le trattative
si svolgono in un clima teso fino a quando, il 13
luglio, un comunicato del Quirinale annuncia che Segni
ha incontrato De Lorenzo. Nenni interpreta questo
segnale come "un rumore di sciabole" e tre
giorni dopo accetta di far parte del nuovo governo,
sulla base di un programma di modeste riforme. La
democrazia è salva ma solo tre anni dopo si
scoprirà i pericoli che ha corso. |